XVI. Gli
eretici davanti al tribunale
A proposito dei processi-verbali
inquisitoriali in Germania e in Boemia nel XIV secolo
Benché il tema generale di questo
libro sia « La parola all'accusato », rispetto al materiale proveniente dalla
Germania personalmente sarei tentato di mutarne il titolo in « La parola
all'accusa ». Giacché il problema principale, per lo meno del materiale degli
interrogatori nel periodo preso in considerazione dalla nostra ricerca, non è
tanto quello di scoprire quanto la trasposizione linguistica della deposizione
dell'imputato dalla lingua popolare al latino sia riuscita malgrado
l'offuscamento inevitabile derivatone a
riprodurre la sostanza di detta deposizione, e quanto la tortura o la minaccia
di morte abbiano influenzato la linea di una deposizione, oppure quanto gli
schemi di domande l'abbiano circoscritta; il problema principale consiste
invece nel fatto che le « parole dell'accusato » sono da interpretarsi in primo
luogo non come dichiarazioni spontanee, ma come reazioni a domande, e che
quindi lo storico,. quando deve distinguere tra il mondo spirituale degli
inquisitori e quello degli inquisiti, si trova in grosse difficoltà. Poiché
quel tipo di processo-verbale con il suo abbondare di dichiarazioni spontanee
degli interrogati sul loro mondo, come lo incontriamo in Jacques Fournier a
Montaillou e come ce lo presenta Carlo Ginzburg nella figura del mugnaio
Domenico Scandella, detto Menocchio, non è rintracciabile in nessuno dei
processi-verbali tedeschi relativi all'Inquisizione contro gli eretici.[1]
Là domina il mondo degli inquisitori con le loro paure, le loro aspettative ed
i loro timori; ciò che sanno, ciò che sentono, ciò che volevano fosse
confessato come processualmente pertinente
e ciò che (253) mettevano in circolazione
a fini propagandistici. Quindi chi nel mondo delle parole dei processi-verbali
dell'Inquisizione vuole ritrovare il mondo degli imputati o dei testimoni, deve
cominciate coll'estrapolarne pazientemente il mondo dell'inquisitore. Vedremo
poi che è discutibile se ciò che resta possa o no essere definito come un mondo
nella sua interezza.
Chi fa il tentativo di
ricostruire il mondo degli imputati attraverso le frasi da loro pronunciate,
deve innanzitutto farsi un quadro metodologicamente differenziato del materiale
degli interrogatori. Mettendo insieme a questo scopo una specie di tipologia
delle fonti, si può, partendo dalla forma in cui i testi ci sono stati
trasmessi, cominciare col dividere gli atti degli interrogatori strictu sensu dalle confessioni e dai frammenti di verbale messi in
circolazione, oppure dagli articoli di fede ereticali annotati nelle sentenze
del tribunale inquisitorio. La fonte degli atti stessi, indipendentemente da
come si è venuti in possesso del materiale in essi contenuto ad es. mediante tortura o
spontaneamente sotto l'aspetto dell'uso
che se ne fa, deve essere valutata in modo neutrale ed obiettivo,
conformemente, in senso metodologico, alla tipologia del « residuo » formulata
da Ernst Bernheim. Rappresentando questi atti puro materiale di archivio delle
autorità inquisitoriali o di singoli inquisitori, il loro scopo è insito in
essi quali serbatoi mnemònici, con l'esclusione, al di là di questa funzione,
di qualsiasi altro compito più o meno di natura pubblicistica. Nel caso di atti
relativi ad interrogatori basta esaminare quali particolari circostanze
portarono alle deposizioni ivi registrate, mentre nelle altre forme a noi
tramandate, aventi per scopo soprattutto la diffusione, va tenuto conto anche
del voluto effetto autosuggestivo o propagandistico.
Si può avere un'idea della quantità dei mutamenti
rispetto alle deposizioni originarie, cioè delle deformazioni risultanti da
questi atti, esaminando un esempio su cui ha attirato la mia attenzione Robert
Lerner. Circa cento anni fa Wilhelm Wattenbach ha pubblicato la confessione di
un ex-begardo divenuto poi domenicano, di nome Johannes von Brünn, confessione
reperita in un manoscritto di Greifswald quale appendice al manuale degli
inquisitori di Nikolaus Eymericus.[2] lo stesso mi sono imbattuto in questo testo trasmesso nel medesimo (254)
contesto tre altre volte,[3]
cosicché la versione di Wattenbach ed il modello si correggono e diviene
possibile ricostruire attendibilmente la versione testuale alla base di questo
filone di trasmissione, indipendentemente dalle alterazioni dei singoli
manoscritti. La versione tramandata da Nikolaus Eymericus non è provvista di
data; cita però il domenicano Gallus di Neuhaus, che svolse attività di
inquisitore nella regione boema tra il 1335 e il 1353/5, come
colui davanti al cui tribunale Johann von Brünn avrebbe deposto la sua
confessione. Questa confessione rivela la psicologia del rinnegato, che non si
stanca mai di accentuare il carattere estremo di questo passo dall'ombra alla
luce, dalla sentina dei vizi al cammino della redenzione.È convinto che solo
cosi potrà rendere credibile la serietà del passaggio da un campo all'altro;
questo è al tempo stesso il prezzo che paga per il trattamento di favore
accordàtogli, ciò che a sua volta dimostra la gratitudine dell'inquisitore per
questo resoconto che è giustificazione della sua ragion d'essere.
Johann descrive a colori
vivaci la sua carriera quale membro di un convento di begardi a Colonia e quale
seguace della setta del Libero Spirito. Distingue nella sua vita di begardo due
diversi momenti:[4] in un
periodo di noviziato o iniziazione aveva dovuto per dodici anni compiere tutte
le pratiche ascetiche possibili, al fine di rendere corpo e spirito insensibili
a qualsiasi allettamento del mondo dei sensi. In un periodo successivo, dopo
tante fatiche, finalmente aveva raggiunto uno stato di compiutezza, lo stato
della libertà dello spirito in unione con Dio, in cui diceva di essere vissuto
per otto anni e nel quale non passava
come si può pensare dalla ormai
raggiunta compiutezza alla assoluta mancanza di bisogni, ma alla liceità
davanti a qualsiasi tipo di bisogno. Si trova descritto in maniera dettagliata
tutto ciò che un libero spirito begardo può permettersi con una o più donne, né
mancano l'atto sodomitico, la truffa, la rapina e l'omicidio. Il reo confesso
si delizia in particolari e ad ogni nuovo dettaglio conclude assicurando che in
nessuna occasione gli è rimorsa la coscienza, né ha mai sentito l'esigenza di
confessarsi a un prete; poi, in sintesi, asserisce di aver fatto tutto ciò non
solo una volta, ma più volte, e cosi fanno tutti i begardi.
È evidente l'impostazione
stereotipata dell'insieme. Non voglio insistere sul fatto che la libertà
spirituale mistica, sia nella sua sostanza spirituale, sia nel modo di vivere
pratico, non molto aveva in co(255)mune con la libertà di costumi
descritta con tanta voluntà da Johann von Brünn, né sul fatto che il punto di
riferimento per la caricatura qui abbozzata non è la realtà storica di questa
figura religiosa, ma l´immaginazione dei suoi oppositori resa fervida dalle
premesse spirituali del movimento. Gli oppositori si aspettavano da parte dei
liberi spiriti ciò che già presupponevano, e durante gli interrogatori si
facevano confermare ciò che si aspettavano.[5]
L'eresia del Libero Spirito come la « confessava » Johann von Brünn è
indubbiamente una forma di psicosi indotta
non di Johann von Brünn ma
dell'inquisitore che lo interrogava e della chiesa ufficiale che gli stava alle
spalle, per i quali niente era più raccapricciante di una religiosità che
cercava e (forse) trovava la salvezza nel rapporto diretto uomo-Dio culminante
nell'atarassia, senza le benedizioni della suddetta chiesa.
Se a noi di questa «
confessione » del rinnegato begardo fosse nota solo la versione tramandata da
Wattenbach, saremmo costretti a contentarci di questa analisi del valore della
« parola dell'accusato ». In un filone di trasmissione al di fuori di quello di
Nikolaus Eymericus, in un manoscritto oggi ad Augusta[6]
con riferimenti ad un inquisitore di nome Martin von Amberg o von Prag, che era
stato attivo contro beghine e begardi nella zona del Reno Superiore negli anni
intorno al 1370, si trova una seconda versione di questa confessione, ma in una
forma più abbreviata. Come ebbi a dire ne sono venuto a conoscenza grazie a R.
Lerner. Sono soprattutto le divergenze notevoli delle due versioni, tuttavia
riconducibili al medesimo processo-verbale, che ci inducono a concludere che,
nell'attimo in cui i processi-verbali abbandonano l'ambito di una archiviazione
neutrale e obiettiva e vengono tramandati da persone direttamente interessate e
nel loro interesse, cioè la dove essi cadono nei binari delle forme di
pubblicazione medievali, sottostanno anche alle regole della trasmissione di
testi letterari, per cui devono accettare trasformazioni, deformazioni e nuove
redazioni letterarie. Gli estratti dei verbali di conseguenza, per ciò che si
riferisce alla metodologia delle fonti, devono essere interpretati ben diversamente
dai verbali originali, poiché a differenza di quelli contengono un preciso
messaggio e, a seconda della fonte e del ricevente, forma e contesto di questo
messaggio possono trasformarsi.[7]
Nel nostro caso è avvenuta una trasformazione (256) in direzione di un
inasprimento, e ciò significa irrigidimento del chliché. Proviamo a comparare
le due versioni del testo[8]:
Ms. Di Augusta, inizio; Wattenbach p. 529 e sgg.
Nota examen unius beghardi
I |
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I |
Iohannes beghardus de Bruna in iudicio constitutus iuratus et interrogatus, quomodo deliberaverit et si velit fateri veritatem de libertate spiritus, respondit: “Ego volo libenter fateri de meipso id quod scio et quod feci, de aliis vero non me intromitto." Interrogatus, quid constet sibi de
libertate spiritus, respondit: “Ego, quando querebatur a me per homines utrum
deberent ieiunare, dixi eis, ut comederent, et ipsemet comedi diebus
ieiunalibus per ecclesiam institutis et non habui pro peccato. Et quando
quarebatur per alios a me, si ieiunarem, respondi simulatorie et false
gloriando me a novem annis ieiunasse, et multa simulancia sanctitatem dixi
hominibus decipiens ipsos propter pecuniam.” Interrogatus, si aliquid aliud constet
sibi de libertate spiritus, respondit: “Nichil!”. Interrogatus, si hoc audet iurare, quod
nichil aliud constet sibi de libertate spiritus, respondit: “Ego nolo de hoc
iurare, sed volo deliberare, quomodo respondeam.” Et dominus inquisitor exhortatus fuit
eum, ut diceret et fateretur meram veritatem, signando sibi, quod ipse per
testes legitimos est (257) convictus de hoc, quod ipse sit liber
spiritu et stet firmus in predicta secta beghardorum de libertate spiritus et
verbis et factis. Respondit: “Ego coram deo sum innocens de hoc”. Interrogatus, si velit respondere ad fidem
katholicam et fateri meram veritatem sicud iuravit, respondit: “Numquam ego
ita libenter feci sicud nunc volo facere”. Interrogatus, quanto temore fuerit in
secta beghardorum de libertate spiritus, respondit: “Ego fui per 20 annos
beg(hardus), et ideo ego peto veniam de mendacio, quod prius dixeram me non
fuisse cum eis, et fui 8 annis in libertate spiritus et 12 annis in
exercicio.” Item interrogatus, quomodo primo venit ad
eo, respondit: “Cum esse in Bruna habens uxorem legittimam … |
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Ego frater Johannes de
Bruna ordinis Predicatorum, interrogatus fui a fratre Gallo ejusdem ordinis
et inquisitore heretice pravitatis in regno Bohemie, si vellem sub juramento
dicere meram veritatem de secta beghardorum et beginarum et (in) libertate
spiritus vivencium. Respondi quod libenter dicerem, nam ego fui XX annis
beghardus et octo annis vixi in libertate spiritus; et in istam sectam
intravi hoc modo. Cum essem in Brunna, habens uxorem legitimam … (257) |
II, 1 |
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II, 1 |
Item frater si invenerit alium fratrem infirmum in via, debet ei compati et ministrare et videre diligenter, si aliquam pecuniam habeat, et illam debet ad se recipere, ne deveniat ad manus sacerdotum. Si autem sibi ipsam tradere noluerit, videat qualiter ipsam occulte habere possit; ipsa habita recedere libere poterit ab eo, ipsam pecuniam cum fratribus et sororibus in Christo servicio libere expendendo … |
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Item si inveneris in
via aliquem infirmum, debes sibi compati et diligenter ministrare, et debes
ab eo querere si habet aliquam pecuniam; illam debes ab eo recipere, ne
perveniat ad manus sacerdotum; et si pecuniam nollet dare, potes eam
violenter recipere et recedere, et postea cum fratribus et sororibus in
libertate spiritus expendere … |
II,2 |
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II,2 |
Item talis frater
stans in libertate spiritus non debet in mente sua cogitare, quoa talia sint
peccatum vel quod illa causa dampnetur et ad (258) infernum descendat
vel quod a dyabolo suffocetur, quia hoc timere non debet, cum sit liber in
veritate et libertatus pro abyssis deitatis. Unde
tales pauperes de libertate spiritus cum moriuntur, anime eorum directe ad
celum evolant. Nec oportet quod timeant infernum, id est purgatorium vel
demones, qui nichil sunt nec in rerum natura existunt, sed sunt excogitata et
inventa per clericos et sacerdotes ad terrorem hominum. Sed homo habens
conscienciam de peccato est ipsemet dyabolus et infernus ac purgatorium se
ipsum tormentans et affligens. Sed liber homo omnia ista evadit, quia
libertatus est per libertatem divinam, ex qua effluxit et in quam sua
libertate spiritus est reversus. |
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Nec debes timere dyabolum nec infernum nec purgatorium, quia vere nichil
sunt in natura, set excogitata per clericos et sacerdotes ad ti(258)morem
hominum, set homo habens conscienciam est ipse dyabolus et infernus et
purgatorium, se ipsum tormentando. Set liber spiritu omnia ista evadet, quia
homo liberatus est per veritatem divinam. |
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II, 3 |
Item perfecta libertas
est: omnia que oculos videt et concupiscit, quod hoc in animo exequatur. Et
si aliquod accidens in contrarium sibi occurreret, per hos non infringitur
libertas nec sibi per hoc derogatur, si homo predictis contrarietatibus
resistat, sicud percucientem percuciendo, cum ex hoc ut liber nullum peccatum
habeat nec hoc confiteri debeat, quia ipsum interficiendo remisit ad suum
principium origenale a quo effluxit. |
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Est autem perfecta
libertas: omnia que oculos videt et concupiscit, hoc manus assequatur. Et si aliud accedens sibi occurrerit contrarium, merito interficere
potest, quia per hoc non infrangitur libertas, si homo predictis
contrarietatibus resistit. Frater, percucientem percuciendo, interficere volentem interficiendo, non de hoc habeas conscienciam, nec sacerdoti confitearis, quia interfectum transmisisti ad suum originale principium, a quo effluxit. |
II,4 |
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II,4 |
Item soror vel frater in libertate spiritus existens simul, si puerum generent, ipsum possunt occidere vel in aquam proicere sicud alium vermem; nec habent de hoc confiteri (259) vel conscienciam habere, quia ipsum ad suum origenale principium remiserunt. Possunt eciam absque omni peccato dicere, quod est puer illius vel illius sacerdotis. Et sic ex perfecta libertate spiritus, in qua stant, possunt donarte predictum puerum alicui sacerdoti, qui ipsum melius potest nutrire de patrimonio quam unus pauper nichil habens. Unde verus liber spiritu nullam conscenciam de hoc habere debet, si quequam dicat, que sunt mendacia vel non vera vel deceptoria vel dampnosa. Stantesque <in> tali libertate spiritus peccare non possunt quocumque peccato, sed sunt impeccabiles et in supremo gradu perfectionis, quod amplius perfici non possunt, ut prius patet de claritate. |
|
Item frater et soror
in libertate spiritus viventes, si simul puerum generaverint, ipsum possunt
merito occidere, vel in aquam proicere sicut alium vermem, nec de hoc de(259)bet
habere conscienciam, nec debet confiteri sacerdotibus, quia eum ad originale
principium transmittunt. Et merito possunt dicere sine omni peccato, quod
illius sacerdotis sit, et hoc non debent habere conscienciam.
Item si dicunt mendacia vel deceptoria vel dampnosa, quia stantes in
illa libertate spiritus non possunt peccare, quia sunt impeccabiles et in
supremo gradu perfeccionis, quod perfecciores fieri non possunt. |
II,5 |
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II,5 |
Vere(?) dicunt, quod,
quando moriuntur, anime eorum directe evolant ad celum, non obstante quod non
communicentur, quod non sacra unctione inungantur, et quod est ficticium de
inferno et de demonibus (cogitare??). Et sanctorum reliquias ut
aliorum mortuorum ossa non venerantur et dicunt, quod deus non dat se in
manibus alicuius sacerdotis transsubstanciacione panis in missa, quia illa
non fit nisi in gracia et veritate. Ergo nisi sit aliquis abstractus et
sequestratus ab omnibus temporalibus, hoc efficere non potest. Cum autem
nullum talem sacerdotem videamus, ergo sequitur, quod non possunt facere quod
dicunt. Item dicunt, quod in pauperibus solum
veritas modo constat, et non in sacerdotibus, qui student vanitati et
seductioni mundane, et ideo (260) deum non habent nec veritatem cognoscunt ;
ergo peuperes non debent dicere et manifestare dictis sacerdotibus veritatem
paupertatis, scilicet quia dicti pauperes non <habent> materiem
superfluam in victu et vestitu, sed mere necessariam de una hora ad aliam,
qualem sacerdotes habundant(es) diviciis non habent. |
|
Item dicunt, quando
moriuntur, directe ad celum empyreum volant, eciam si sine extrema unccione
et communione moriuntur, quia dicunt quod clerici et sacerdotes hoc
excogitaverunt. Item dicunt quod (nullus) sit infernus
nec dyabolus, et quod Deus non dat se in manibus sacerdotum in
transsubstancicacione panis in missa, quia illi non sunt in caritate et
gracia; ergo nisi abstractus fuerit ab hominibus, hoc conficere non potest.
Et tamen talem nullum vidi sacerdotem, ergo nullus eorum potest consecrare
corpus Christi. Item dicunt, quod in pauperibus solum
veritas inveniatur, et non in sacerdotibus qui student in vanitate. Item sacerdotes Deum non habent, nec
sacerdotes veritatem agnoscunt; ergo pauperes Christi non de(260)bent narrare
sacerdotibus veritatem, ita quod secreta eorum non debent sacerdotibus
revelare in confessione, nec debent clericis obedire. |
Il confronto ci fa vedere dapprima il cammino percorso da Johann von Brünn
da povero libero spirito accusato, a rinnegato domenicano, il quale, per
salvarsi la pelle, descrive il suo modo di vivere precedente e al tempo stesso
lo deforma fino a farlo diventare cliché. In fatti, all'inizio
dell'interrogatorio, evidentemente non aveva l'intenzione di comparire come «
testimone principale » dell'accusa contro gli excompagni liberi spiriti
begardi; soltanto quando gli fanno capire chiaramente che non ha nessuna
chance di essere assolto, che la sua sentenza nell'ambito del processo è già
stata fissata, solo allora « si ricrede ».
Poi la collazione testuale
lumeggia l'inasprimento ulteriore, nel senso della rozzezza, delle prime
deposizioni di Johannes, conformemente alle regole della trasmissione di testi
di fiction senza alto livello letterario. Che si trattasse di denaro rubato ad
un correligionario malato (1) o del modo di raffigurarsi il diavolo, l'inferno,
il purgatorio (2), oppure delle conseguenze derivate dallo stato di perfetta
libertà rispetto ill'uccisione di un avversario (3), oppure della liceità di
menzogne e inganni dimostrata con l'esempio che un bambino nato dalla
fornicazione di un libero spirito potesse essere attribuito facilmente a un
prete (4), oppure che si trattasse della motivazione per l´incapacità del prete
di compiere la transsustanziazione (5)
il principio alla base di tutte le trasformazioni è sempre il medesimo. il
redattore della versione Nikolaus Eymericus, non contento che nonostante tutti
i precedenti filtraggi nella postulata versione originale, nel processo-verbale
si trovassero ancora diverse deposizioni che illustravano la prassi devozionale
dei begardi sotto un aspetto imparziale se non positivo, ha abbreviato ciò che gli sembrava disadatto alla diffamazione e ha aggiunto o ha rafforzato
nell'espressione ciò che serviva a chiarire ulteriormente la natura amorale
della setta. Non ha molta importanza se questo procedimento fosse usato sincera fide o no, quel che a noi
preme sottolineare è l'essenza di questo stesso procedimento, che non solo
suggerisce cautela in analoghi casi di testi tràditi, ma che soprattutto ci
consente di renderci conto della sfera spirituale di (261) coloro che
conducevano le lotte contro i liberi spiriti begardi. L'immagine dell'eresia da
loro perseguita era prefabbricata già prima che gli interrogatori
cominciassero, e dei dettagli che domandavano notavano solo, per i loro scopi o
per insegnamento ad altri (per es. colleghi d'ufficio), ciò che completava e
confermava questa immagine. Questo tipo di fonte è caratterizzato dal paraocchi
come utensile euristico. Fonti di questo tipo di solito rivelano solo
fortuitamente informazioni di importanza originaria sul mondo spirituale di
quegli uomini le cui deposizioni sono alla base del fatto esposto.
Se ora mettiamo in questione i processi-verbali anche nella loro forma
originaria obiettiva e neutrale, domandandoci fino a che punto l'imputato
potesse esprimere liberamente le sue idee proprio allora messe in questione,
nel caso che Dio gli avesse fatto il dono della facondia, per quel che concerne
il materiale tedesco il risultato non è entusiasmante. Dagli studi fatti da
Herbert Grundmann conosciamo l'effetto che quegli schemi di domande, del tipo
degli otto articoli di fede della cosiddetta eresia del Libero Spirito
condannati dal concilio di Vienna (1311/2) nella costituzione « Ad nostrum »,
provocarono nella prassi dei tribunali dell'Inquisizione.[9]
Si ponevano semplicemente questi articoli sotto gli occhi del delinquente, gli
si chiedeva una conferma e si formulava la deposizione sul loro modello.
L'immagine, conservata per molto tempo, dell'uniformità di questa corrente
spirituale e del suo carattere formalmente settario poggiava, come oggi
sappiamo bene, sulla suggestione esercitata da questi processi-verbali cosi
concordanti nella sostanza delle deposizioni. Anche la ricerca più attuale ha
subito per lungo tempo questa suggestione, per lo meno altrettanto quanto prima
di lei l'avevano subita gli inquisitori stessi. Non mi voglio dilungare oltre
su questa questione dell'impronta verbale e spirituale lasciata sulle
deposizioni da questionari preformulati semplicemente da testimonianze
denunziatorie di cui gli inquisitori nei loro processi si servivano già
ufficialmente. Mi basta richiamare alla mente i risultati pionieristici, dal
punto di vista del metodo, delle ricerche di Grundmann, dato che sono ben noti
e universalmente accettati. A questo punto viceversa, vorrei esaminare a fondo
la questione di quanto spazio abbia l'accusato per deporre sulla sua vita e sul
suo mondo spirituale malgrado l'orizzonte ristretto (262) dell'inquisitore,
già limitato dagli schemi di domande e dallo scopo finale del processo.
Inizio
con un questionario che l'inquisitore Petrus Zwicker dell'ordine dei Celestini,
negli anni 1392/4 ha posto davanti ai Valdesi della Marca di Brandeburgo da lui
interrogati. L'editore dei verbali originali, per fortuna per la più parte
rimasti intatti, Dietrich Kurze, ha edito questo questionario e sulla base di
esso, analogamente ai questionari di amministrazioni moderne, ha sviluppato un
proprio formulario, seguendo il quale egli annota come in una statistica, con
parole-richiamo, il contenuto sostanziale delle deposizioni messe a verbale,
dopo aver rinunciato quasi del tutto alla loro riproduzione alla lettera.[10]
A questa procedura desueta dal punto di vista dell'edizione e sia detto en passant anche non molto soddisfacente, non possiamo
però negare una certa legittimità, a causa delle deposizioni in effetti
altamente monotone, conseguenza di quel catalogo di domande sempre uguale. Qui
abbiamo dunque a che fare con l'esempio tipico di deposizioni il cui tono non
dipende dalla disponibilita d'animo e dalla capacità di esprimersi
dell'imputato, ma dall'orizzonte di conoscenza e dal panorama di domande
dell'inquisitore, come anche, da parte del notaio protocollante, dalla tendenza
alla schematizzazione verbale di
risposte con lo stesso tipo di contenuto provocate da domande analoghe. Quale
era dunque il panorama di domande dell'inquisitore e di conseguenza da quale
settore della vita dell'interrogato ci si possono aspettare principalmente, se
non esclusivamente, delle informazioni?[11]
Cod. Seitenstettentis 188 e 252, S. 17sg.
Processus domini Petri de ordine Celestinorum inquisitoris bereticorum.
(1) Ubi es natus? Quis
pater tuus? Que mater tua? Fuerunt eciam noti? Sunt taliter defuncti? Ubi sunt sepulti? Quis te induxit? Quid tibi dixit? Quamdiu fuisti in secta?
(2) Ubi es primo confessus heresiarchis? In quo loco domus? Quantum temporis est, quo primum es confessus? Ubi, quando et quociens es
confessus medio tempore? Ubi et quando es eis novissime confessus? Quales ipsos
reputabas, putabas eos bonos et sanctos homines vite apostoloruin in terris
ambulantes et quod haberent potestatem a deo (263) verbum dei
predicandi, confessiones audiendi, penitencias iniungendi et a peccatis
absolvendi melius quam sacerdotes ecclesiae vel equaliter? Reputabas eos presbiteros ab aliquo papa vel episcopo katholico consecratos
vel ab hiis huiusmodi faciendo missas? Quid tibi iniunxerunt: pro penitencia?
Quot Pater noster in feriis? Quot in festis? Eciam Ave Maria vel Credo?
Qualiter et quantum ad ieiunandum? Tenuisti pro tuo posse illam penitenciam?
Credebas te absolutum per eos a peccatis? Es eciam confessus presbiteris
ecclesiae? Sumpsisti corpus domini? Revelasti ipsis sectam? Fuisti prohibitus
revelare sectam an non? Quociens audivisti predicaciones heresiarcharum? Quot et qui fuerunt presentes? Ubi et quando predicaverunt?
Quociens hospitasti eos, cibasti, potasti, conduxisti? Quantas dedisti eis
pecunias?
(3) Quid audivisti et credidisti de invocationibus sanctorum? Possunt ipsi nobis suffragari, curant vel sciunt nos? Ieiunasti vigilias
sanctorum et celebrasti festa? Si fecisti, ad cuius laudem, fecisti secundum
bereticos? Habes apostolum? Quando est eius festurn? Quid
predicatur de ipso? Es eciam confirmatus? Orasti
pro animabus defunctorum? Credidisti, solum duas vias post hanc vitam? Quid
credidisti de purgatorio? Obtulisti in
missis defunctorum ipsis ad profectum? Credidisti, ecclesiasticam
sepulturam, aquam benedictam, sal consecratum, herbas, palmas, cineres,
candelas, consecraciones ecclesiarum, altarium, cimiteriorum, paramentorum,
insigniorum. pontificalium, veneraciones ymaginum, cantus ecclesiasticos vel
organorum, pulsus campanarum, processiones diebus dominicis, rogaciones,
letanias, peregrinaciones, indulgencias ecclesiasticas, reliquias sanctorum,
ossa, vestimenta, crucem domini, coronam spineam, clavos, lanceam, flagella,
sepulchrum domini, terram promissionis, sacramentura confirmacionis,
religiones, studia privilegiata, tonsuram clericalem, ordinaciones
presbiterorum, oraciones in ecclesia, ornamenta ecclesiastica, confessionem
generalem hec omnia esse sancta et
katholica? Credidisti, omne homicidium esse peccatum? Credidisti, omne
iuramentum esse peccatum?
(4) Fuisti prius coram inquisitore? Fuisti vocatus vel iudicialites citatus
venire sponte? Iurasti de dicenda veritate? Fatebaris,
te fuisse hereticum? Quid pro penitencia est tibi iniuncturn ab
inquisitore? Portasti crucem, ubi, quando, quamdiu? Quociens
es postea confessus, ubi et quando? Abiurasti inquisitori vel
plebano sectam tuam? Fuit notarius presens? Fuerunt testes presentes?
Fuit tibi dictum de conbustione, si relabereris? Credidisti, sectam tuam esse
veram fidem christianam et alios non sectenarios dampnandos esse? Induxisti
aliquos ad sectam? Dixisti te cum tuis complicibus «notos» i.e. «kunden» et
alios «alienos» i.e. « frömden »? Vis ex puro corde et fide non ficta reverti
ad unitatem matris ecclesie katholice
et Romane? Vis hoc ipsum iurare? Vis ammodo nulla unquam
conversacione ad sectesarios venire vel redire? Vis
penitenciam publicam et occultam subire? Vis te ad penam ignis, si relapsus
fucris, obligare? Vis te obligare, quod penitencia te non adiuvet, si scienter
falsa es locutus in tuo examine? Vis promittere, quod de nullo ex hac causa
vindices? Vis abiurare sectam Waldensium. et omnem aliam presentem et futu(264)ram? Vis inviolabiliter observare fidem katholicam? Etc. Et
hoc de interrogatorio.
Le
domande si possono suddividere in 4 gruppi:
l. Domande sulla persona dell'accusato e sul suo ambiente (padre, madre,
«seduttore», correligionari, durata dell'appartenenza alla setta, eventualmente
già da generazioni).
2. Grado del coinvolgimento (quando e quante volte si è confessato; che
tipi di penitenza; quale autorità viene concessa ai Maestri valdesi; quali
soccorsi sono stati loro prestati del tipo cibo, bevande, alloggio, denaro).
3. Dogmi, limitati ai cliché valdesi correnti (purgatorio; divieto di
uccidere e giurare; rifiuto di tutte le prestazioni fornite dalla chiesa ai
fini della salvazione e disprezzo delle sue prescrizioni, per esempio
osservanza dei periodi di digiuno, invocazione dei santi, suffragi per i morti
ecc.).
4. Elementi rilevanti ai fini dello svolgimento del processo (disponibilità
all'abiura; accertamento se si tratta di una ricaduta o di un interrogatorio
per la prima volta, e simili).
E non bisogna credere che
questo catalogo di domande con il suo orizzonte limitato sia da circoscrivere a
Petrus Zwicker, allo scorcio del Quattrocento e ai Valdesi. 11 manoscritto di
Augusta poco facitato, con la sua versione della confessione di Johannes von
Brünn, contiene anche un Interrogatorium
contra beghardos di un certo dominus
Martinus che presumibilmente altri non era che il già menzionato Martin von
Prag o von Amberg, attivo a Strasburgo e altrove. Benché l'Interrogatorium
sia concentrato sui «liberi spiriti» begardi e dotato del corrispondente
canone di domande specializzato per questo gruppo di destinatari, esso mostra,
sia nel complesso come nel dettaglio, una stupefacente concordanza con il
questionario di Petrus Zwicker destinato ai Valdesi .[12]
Dal manoscritto di Ausburg, Stadtbibliothek, 20 185
Nota aliquos articulos domini Mart(ini) et interrogatoria
contra beghardos.
Primo: Quod est tibi nomen?, int(errogatur) productus. Unde es tu? Qui fuerunt parentes tui? Antequam assumpsisti habitum istum: quomodo
vixisti? Quod fuit motivum tuum inducens te ad assumendum talem habitum? Item
in quo loco recepisti illum habitum? Quis suuasit tibi vitam istam? (265)
Utrum
Christum habuit talem vitam vel apostoli eius. Utrum
Christus mendicavit
hostiatim. Quis induit te isto habitu? Item de modo induendi. Item:
Emisisti aliqua vota ibidem? Item: Promisisti vivere sine proprio?
Item: Promisisti te transferre de una domo ad aliam ad mandatum superioris
tui? Item: Vovisti et testuisti castitatem? Item: Didicisti frangere propriam
voluntatem? Item expone illius fractionis modum. Item:
Comedisti aliquando cadavera mortuorum animalium? Scis tu Pater noster et
symbolum? Dic, quis est modus tuus orandi? Utrum
melius sit addiscere scripturas in libris vel tantum(?) in corde retinere. Suntne presbyteri in vita tua? Quis est superior ordinis tui? Item: Audisti presbyteros
prohibere, qui sunt in tua secta, legere libros preter missam? Vel utrum per te prohibueris editos. Quis instituit vitam istam? Utrum
sit perfectior huius vite. Iurasti vel promisisti pati persecucionern a
clero propter sanctitatem huius vite? Quociens fuisti in congregacione in
Eynsedel? Ad quem finem illic ivisti? Item(?) can(?)
vestrum(?) simul(?) numero ibidem! Item: Habuisti aliquando
pecuniam. propriam, et quantum post tuam professionem?
Item utrum sit prius per inquisitor(em) citatus vel excommunicatus. Vel: Portasti crucem? Induxisti aliquem vel aliquam hic vel alibi ad tuam, vitam, vel swasisti? Dixisti alicui, quod scias